Le storie di Copper Sentai tendono a concludersi senza grandi scossoni né cambiamenti dello status quo; il Nemico è una minaccia spesso virtuale e, per essere un avversario su scala Galattica, certamente il suo raggio di azione è patetico; attacca sempre la stessa cittadina, fra l’altro l’unica protetta da un team di giovani supercombattenti praticamente nati con lo scopo di punirlo. A un’analisi anche superficiale, è chiaro che l’impalcatura di queste storie è traballante: perché il Nemico congegna piani bislacchi invece di architettare un’invasione su larga scala? Perché ripete sempre gli stessi errori, utilizza le medesime tattiche, un episodio dopo l’altro, con piccole e insignificanti vittorie pirriche spolverate su un soufflé di fallimenti epocali?
Ci sono tre cose che sono sempre certe, in Copper Sentai:
- il Nemico non può vincere;
- ai civili non viene fatto davvero male;
- se l’episodio non ha un “Parte 1” in chiusura del titolo, i protagonisti non rischiano nemmeno incidenti temporanei.
In sostanza, il pathos non esiste, la posta in gioco è pari a zero, il dramma è al lumicino. Giocare a Copper Sentai è praticamente prendere trent’anni di decostruzioni supereroistiche e narrazione post-moderna e distruggerle con la tua portaerei dei G.I. Joe facendo i rumori delle esplosioni con la bocca.
Copper Sentai vuole essere divertente, leggero, infantile in senso stretto, spensierato. È la sessione ruolistica defatigante fra masterless sull’esperienza di un prigioniero in Egitto e il combattimento tattico da quattro ore contro coboldi storpi nel Gioco di Ruolo più Famoso del Mondo™.
Lo scopo di Copper Sentai è ricreare lo stesso sapore, i cliché e la piacevole ripetitività degli show televisivi con cui sono cresciute due generazioni di debosciati. Per questo motivo è consigliabile utilizzare la struttura piuttosto rigida che vedrete di seguito, cercando magari di esercitare la vostra creatività nella variazione, il ribaltamento e la parodia all’interno dei vari capitoli o episodi.
Ciò detto, questo non è chiaramente un gioco narrativista puro, non cerca di insegnarvi come si sta a tavola, come si parla, come si lancia o meno i dadi e quante persone servono per svitare una lampadina; se volete utilizzare il regolamento e la creazione del personaggio per un noir nordico non-lineare in dodici capitoli giuro che nessuno scriverà un blog post sull’importanza dell’autorialità in Copper Sentai rosicando giusto un po’.
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